Poliabortività: definizione
L’aborto è uno degli eventi avversi più comuni di una gravidanza.
La definizione di aborti ricorrenti è però tutt’altro che univoca: il Royal College of Obstetricians and Gynecologists (RCOG) definisce aborti ricorrenti tre o più interruzioni di gravidanza spontanee consecutive (RCOG 2011), mentre la definizione dell’American Society for Reproductive Medicine (ASRM) è di due o più aborti consecutivi (Practice Committee of ASRM 2013); infine la definizione della European Society of Human Reproduction and Embryology consiste in due o più aborti consecutivi o non consecutivi (ESHRE Guideline Group on RPL 2018).
Globalmente, sulla base delle definizioni sopra-menzionate, una percentuale variabile tra il 2% e il 5% delle coppie affronta aborti ricorrenti.
Poliabortività: quali sono le cause?
Uno o più aborti possono avere un impatto molto forte sugli aspetti psicologici e di benessere di una coppia. Per questo è importante riuscire a capire quali sono le cause che hanno scatenato l’interruzione della gravidanza. Detto questo, è importante ricordare che circa il 50% dei casi di aborto sono idiopatici, ovvero si ritiene che siano dovuti ad una concomitanza di molte cause differenti. Tuttavia, nella porzione restante dei casi di aborto spontaneo è possibile trovare una causa più precisa:
- cause genetiche (cromosomiche o monogeniche);
- fattori immunologici e infiammatori;
- alterazioni anatomiche;
- problemi endocrini.
- cause ambientali.
1a. Cause genetiche (cromosomiche)
Le anomalie cromosomiche sono una delle cause di aborto spontaneo più frequenti. Causano il 50%-60% di tutti i casi di aborto nel primo trimestre. Le anomalie cromosomiche possono riguardare il numero dei cromosomi (come nel caso delle trisomie o delle monosomie) o la loro struttura (come nel caso delle traslocazioni e delle inversioni). Quando queste anomalie sono presenti in forma bilanciata nei genitori, aumentano notevolmente la probabilità di avere un gamete geneticamente sbilanciato a causa dei complessi meccanismi di segregazione durante la meiosi. Infatti, secondo uno studio recente, circa il 5% delle coppie con aborti ricorrenti include un individuo portatore di una traslocazione bilanciata o di un’inversione. Similmente, la presenza di queste alterazioni strutturali è 10 volte maggiore nelle coppie con aborti ricorrenti rispetto alla popolazione generale.
1b. Cause genetiche (monogeniche)
Molto recentemente è stato dimostrato che non solo anomalie cromosomiche possono causare poliabortività. Curiosamente, anche le mutazioni puntiformi possono causare aborti ricorrenti (cause monogeniche). Per esempio, Fatemi e colleghi (2021) hanno descritto mutazioni frameshift nel gene KHDC3L in un’ampia famiglia con aborti ricorrenti con o senza mole idatiforme. Lo stesso gruppo nel 2020 ha identificato anche una mutazione missenso nel gene CCNB3 che segregava in una famiglia con poliabortività.
2. Fattori immunologici e infiammatori
È ben noto ad oggi che il sistema immunitario della madre sviluppa un meccanismo di tolleranza verso il feto, che permette alla gravidanza di proseguire. Tuttavia, esistono numerosi fattori immunitari che possono alterare questo meccanismo (il cui funzionamento è ancora poco noto). Questi fattori possono favorire il rischio di aborti multipli. Ad esempio, la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APLS), una patologia autoimmune eterogenea, può essere diagnosticata in circa il 5-20% delle pazienti con aborti ricorrenti. L’APLS è considerata una delle più importanti cause di aborti ricorrenti, portando a aborto precoce, eclampsia e ridotta crescita fetale. Si ritiene che il meccanismo di patogenesi di questa patologia sia legato ad uno stato di ipercoagulabilità mediato da trombosi della dei vasi sanguigni placentari. Fortunatamente, la APLS è curabile.
Tra le altre cause immunitarie, vi sono sempre maggiori evidenze che alterazioni nel numero o nell’attività citotossica delle cellule NK (Natural Killer Cells) possano contribuire agli aborti ricorrenti.
Anche il controllo dell’infiammazione ha un ruolo importante nella prevenzione degli aborti ricorrenti. Per esempio, è noto dalla letteratura che polimorfismi in numerosi geni relati all’infiammazione come FOXP3, CLOCK, IL-10, TNF-α e IL-17F sono associati a poliabortività. Similmente, varianti in CRP che influenzano i livelli di proteina C reattiva circolante nelle patologie infiammatorie croniche, possono essere associate a poliabortività. Tuttavia, stiamo parlando di polimorfismi che potrebbero essere predisponenti, sebbene non predittivi.
3. Alterazioni anatomiche
Numerosi studi indicano che fino al 13%-19% delle pazienti con aborti ricorrenti hanno una malformazione strutturale della cavità uterina. Queste malformazioni possono essere congenite o acquisite. Tra le forme congenite troviamo l’utero arcuato, setto, uni o bi-corne, mentre tra le forme acquisite sono presenti adesioni intrauterine, polipi e miomi sottomucosi. In uno studio, l’utero setto era l’anomalia congenita più comune, identificata in circa il 5% delle pazienti con aborti ricorrenti.
4. Problemi endocrini
Il coinvolgimento del sistema endocrino nella poliabortività è ampiamente dibattuto. Secondo numerosi studi condizioni quali l’ipotirodismo, l’insulino resistenza, la sindrome dell’ovaio policistico, il deficit di vitamina D, il deficit della fase luteale e i disturbi della prolattina possono tutti avere un effetto sulla poliabortività. Tuttavia, se è noto da diversi studi che l’ipotiroidismo manifesto può causare ridotta fertilità, aborti, pre-eclampsia e nascite pretermine, l’associazione degli altri parametri è ancora un dibattito aperto, data l’esistenza di studi con risultati contrastanti.
5. Cause ambientali
Esistono anche fattori di rischio ambientali e comportamentali, quali l’età materna e l’indice BMI e il fumo di sigaretta, che possono aumentare la probabilità di avere un aborto spontaneo.
Trombofilie: mito o realtà?
Una menzione particolare va alle trombofilie, ovvero quelle patologie ereditarie o acquisite, che causano un aumentato rischio di trombosi venosa profonda a causa dell’ipercoagulabilità plasmatica. Tra le principali trombifilie ereditarie vi sono la mutazione del fattore V di Leiden (G1691A), la mutazione del gene della protrombina (G20210A), il deficit di proteina C, proteina S e anti-trombina. Storicamente, le trombofilie ereditarie sono state associate a poliabortività, in quanto si ipotizzava che eventi di trombosi placentare favorissero aborti ricorrenti. Sebbene numerosi studi pubblicati in letteratura confermino e avvalorino questa ipotesi, è stata pubblicata una serie crescente di studi recenti che smentiscono questa associazione e non confermano i risultati. Per questo, ad oggi non è raccomandato lo screening di routine per la trombofilia nelle pazienti con aborti ricorrenti, se non hanno già avuto eventi di trombosi venosa profonda.
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