Un fenomeno epigenetico
Il fenomeno dell’imprinting genomico, pur essendo molto studiato, presenta molti lati oscuri, anche fra i professionisti della salute. Ecco qua dieci domande frequenti con relative risposte sul fenomeno dell’imprinting genomico.
1. Cosa è l’imprinting genomico?
L’imprinting genomico è una modificazione epigenetica che modifica la molecola di DNA senza alterarne la sequenza nucleotidica. I meccanismi che regolano l’imprinting non sono completamente noti, ma è dimostrato che il fenomeno è mantenuto dalla metilazione delle citosine (le regioni soggette a imprinting sono solitamente ricche in sequenze CpG). L’effetto dell’imprinting è sostanzialmente quello di regolare la trascrizione di alcuni geni in base alla loro origine parentale (materna o paterna), dando come effetto finale l’espressione monoallelica.
2. Tutti i geni sono soggetti a imprinting?
No, solo una minoranza di geni è soggetta ad imprinting. Alcune delle regioni cromosomiche soggette a imprinting si trovano sul cromosoma 15 (si tratta della regione critica per la patogenesi della sindrome di Prader-Willi e della sindrome di Angelman), sul cromosoma 11 (sindrome di Beckwith-Wiedemann e di Russell-Silver), in 7q31 (geni PEG/MEST1), 6q24 (gene ZAC1), 6q26 (gene del recettore IGF tipo 2), 14q32 (geni DLK1/GTL2–IG–DMR) e in 20q13.3 (locus GNAS).
3. È possibile la diagnosi prenatale per le patologie da alterazione dell’imprinting?
Sì, ma bisogna assolutamente tenere conto del fatto che il processo di metilazione dei cromosomi embrionali non è completo fino al tredicesimo mese di gravidanza circa. Una villocentesi precoce (intorno alla 10-11a settimana) non è dunque indicata per la diagnosi prenatale mirata di una patologia genetica da imprinting.
4. Come è quantificabile il rischio riproduttivo nelle patologie da alterazione dell’imprinting?
Il rischio riproduttivo non è lo stesso in tutti i casi. A seconda della mutazione che ha causato l’anomalia nell’imprinting, il rischio di ricorrenza nelle gravidanze successive può variare da meno dell’1% al 100%. Per ogni patologia è dunque indicato consultare le linee guida di diagnosi e sottoporsi senza alcun dubbio a consulenza genetica.
5. Quali sono le più note patologie da alterazione dell’imprinting?
La sindrome di Angelman, la sindrome di Prader-Willi, la sindrome di Silver-Russell e la sindrome di Beckwith-Wiedemann.
6. Quali sono i meccanismi molecolari sottesi a un difetto dell’imprinting?
La metilazione è un fenomeno che regola l’espressione genica. In genere le regioni metilate sono trascrizionalmente inattive e dunque inespresse, mentre le regioni demetilate sono espresse.
7. L’imprinting è un fenomeno epigenetico esclusivo dell’uomo o si ritrova anche in altre specie?
L’imprinting si ritrova anche in altre specie. Si ritiene, ad esempio, che la pecora Dolly, uno dei primi esperimenti di clonazione, fosse invecchiata e morta prematuramente a causa del fatto che il materiale genetico contenuto nelle sue cellule, che era di origine uniparentale, avesse anomalie sostanziali del pattern di imprinting.
8. L’imprinting genomico è l’unico meccanismo che porta all’espressione monoallelica di un gene?
No. Esistono anche altri meccanismi, in gran parte sconosciuti, a causa dei quali solo uno dei due alleli di un gene, talora solo in certe cellule o in certe fasi dello sviluppo, viene espresso. Ad esempio, i geni sul cromosoma X nelle femmine vengono espressi in forma monoallelica a seguito dell’inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X. Un altro esempio è dato dai geni delle immunoglobuline nei linfociti B, dai geni dei recettori dei linfociti T, dai geni di IL2 e IL4 (interleuchine) e dai geni dei recettori olfattivi nei neuroni.
9. Solo i geni autosomici sono soggetti a imprinting?
Solo una minoranza di geni del genoma umano è soggetta a imprinting. La maggior parte è sugli autosomi (i cromosomi dall’1 al 22). Tuttavia anche il gene XIST, che è localizzato sul cromosoma X e ne regola l’inattivazione, è soggetto a imprinting (e ne è stata dimostrata la metilazione – Amort et al 2012, PMID 23595112)
10. È vero che la fecondazione assistita aumenta il rischio di patologia fetale da anomalie dell’imprinting?
Numerosi studi riportano questa evidenza. È stato infatti dimostrato che la sindrome di Beckwith-Wiedemann e altre patologie da imprinting alterato si manifestano più frequentemente nei soggetti concepiti attraverso la fecondazione artificiale (detta anche ART – Assisted Reproductive Technology). Il meccanismo attraverso il quale la ART possa indurre alterazioni dell’imprinting con un frequenza più elevata rispetto alla fecondazione spontanea non è noto.